lunedì 7 marzo 2016

A due terzi di Maratona.



Aveva ormai davanti a sé un mese scarso di preparazione per la Maratona di Roma, aveva già corso più volte sopra le due ore ed una vescica bastarda al piede destro lo aveva allontanato, come una molla che si riavvolge, dall'obbiettivo della 42 km. Aveva ripreso con cautela a ricorrere dopo due settimane di lungo stop ed il callo che si era formato sotto al piede dava sempre meno fastidio ma ormai l'avvilimento lo aveva pervaso e quasi persuaso che fosse il caso di piantarla lì.

Aveva sempre pronta questa scusa per non fare le maratone, parlava di turni al lavoro che non lo facevano stare tranquillo, che non era predisposto per le lunghe distanze e che bastava una piccola stupidata per mandare all'aria i mesi di preparazione. Insomma per lui non ne valeva la pena, tutto quel sacrificio nell'allenamento con davanti sempre un grosso punto interrogativo.

Nella settimana precedente aveva ripreso a corricchiare ed aveva pure fatto 15 km sotto l'acqua in solitaria. Aspettava che lo raggiungesse l'amico Stefano ed alla fine fu raggiunto invece da crampi sparsi per tutto il corpo e terminò l'allenamento tra bestemmie ed insulti a chi lo aveva convinto ad iscriversi a questa Maratona. In questa settimana corse soltanto una volta col redivivo Stefano e fece delle variazioni brevi, una grande stanchezza lo aveva trascinato per tutta la settimana come a dare sempre più corpo alle sue tesi anti maratona.

Aveva passato il sabato a controllare le condizioni del tempo per il lunghissimo della domenica e a sentire qualche amico che lo poteva accompagnare, il solito Stefano lo aveva già accannato prima ancora di chiederglielo, il gruppo delle 13e13 aveva già corso il sabato mattina come pure il Pres Fausto. Un timido tentativo con Massimo Pedone era andato a vuoto, cioè lo aveva lasciato in attesa di una risposta che arrivò soltanto la domenica mattina alle 7.50 per dare un appuntamento per le ore 8!

Quel sabato sera si era convinto a fare il lunghissimo da solo contro tutti, iniziò a guardare su google maps quale percorso fare. Tor Vergata per 30 km è troppo piccola e troppa salita, il lago di Castelgandolfo troppo zuppo d'acqua, ovviamente , e di fango oltre che di uno sterrato che per i lunghi non va per niente bene. Allora decise per la soluzione più folle, partire da casa a Frascati con zainetto in spalla con il cambio e scendere giù fino a Roma, fino a Piazza del Popolo e tornare indietro sulla Tuscolana per quanto possibile e poi salire in metro e farsi venire a riprendere da Roberta.

Andò a dormire con tutte queste idee in testa, spiegando a Roberta che era proprio per questo stato d'ansia che lo invadeva per i singoli allenamenti che non riusciva ad amare la Maratona. Il risveglio della domenica mattina avvenne grazie agli scrosci di pioggia sul tetto, mentre da parecchi minuti il cellulare vibrava a causa di tanti uozzap . Uno era di Massimo ed il suo appuntamento da lì a 10 minuti. Gli altri erano del gruppo 13e13, Giuliano chiedeva chi avrebbe corso, Oscar rispondeva che stava piovendo troppo e Franco sperava nel diluvio.

Accecato da tutto questo ardore , dava appuntamento al gruppo e si presentava a Tor Vergata per questo benedetto lunghissimo. Succedeva che non pioveva più ed era uscito un bel sole, il gruppo si scioglieva quasi subito come neve e rimaneva da solo Oscar. Si buttarono giù verso i viali di tor vergata e poi verso via dei romanisti e poi la Palmiro Togliatti direzione Cinecittà. Il suo pensiero era per il compagno Oscar che ultimamente si appieda spesso, cioè mentre corre si ferma di colpo e cammina, Oscar stesso non sa cosa gli succede. Infatti così accadde intorno al km 14 e si salutarono , Giampiero prese la via per il parco degli acquedotti e Oscar ritorno sù verso Frascati.

Trovarsi solo dopo 15 km con altrettanti da percorrere è una mazzata maledetta, una tesi in più da argomentare contro la preparazione del maratoneta. Arrivato al parco si sollevò nel vedere tanta gente che correva, camminava e biciclettava, lo distraevano e pensava che con tre giri nella storia avrebbe chiuso i suoi 30 km. Mentre correva mandava messaggi a Roberta implorandola di raggiungerlo al parco per riportarlo a casa e mentre passava il tempo si innervosiva in mezzo a tutti quei slalom tra gli sportivi della domenica. Uscì dal parco ed entro nell'altro parco, quello di Tor Fiscale, lo attraversò e uscì verso Porta Furba e rientrò nel quartiere del Quadraro per poi rientrare nel Parco degli Acquedotti.

Dopo 25 km correre sullo sterrato ti spacca le gambe, non ti da elasticità, ti assorbe tutta la forza che metti, insomma così successe pure a Giampiero. Lo risollevò lo scorgere Roberta ma dovette riuscire e tornare sull'asfalto, ma ormai il gioco era fatto, quel riallungare verso fuori lo stava distruggendo mentalmente, stava ormai a 2h45' di corsa ed era contento così, si rigirò verso il Parco e si fermò al 27esimo chilometro.

Era contento per aver resistito così tanto, per aver visto Roberta, per non aver avuto crampi e dolori alla vescica e per aver comunque fatto una piccola impresa lunga 27 km.
Ci pensò su, due terzi di Maratona erano stati fatti, ne sarebbero mancati altri 15 a chiudere la 42, ne avesse percorsi 30 ne sarebbero mancati solo 12, un'altra teoria pessimista si aggiunse alle altre, corri 27 km o 30 e comunque non hai fatto un cavolo.

Oggi ha le gambe leggermente indolenzite, molto meglio degli anni passati dove diventavano di piombo, forse una piccola speranza in mezzo a tanti tormenti, sicuramente la consapevolezza che la corsa non ti regala mai niente, ti devi prendere tutto da solo.
Buona strada a tutti!

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