sabato 26 maggio 2018

Runeconomy, il primo workshop del running.




                Era l'ottobre del 1983 e partecipavo alla finale nazionale dei Giochi della Gioventù allo Stadio dei Marmi di Roma,città dove, dopo qualche anno ci sarei ritornato per lavorare e viverci. Furono giorni molto belli, il sogno per un piccolo atleta quello di fare una gara coi più forti atleti d'Italia. 
Non feci una gran figura perchè in quell'estate mi allenai poco ma quell'esperienza rimane tra le più belle nella mia vita d'atleta.

Molte volte sono ritornato su questa pista ma non pensavo che un giorno mi sarei affacciato dal Palazzo del Coni per ammirare lo spettacolo della pista dei Marmi.
Mercoledì mi sono ritrovato nel Salone d'Onore del Coni per presenziare ad un workshop organizzato dalla Runcard, un settore della Fidal che gestisce tutti gli atleti non iscritti alle società dedicato al mondo del runner visto dalla parte economica. 

Col mio amico Oscar della Running Evolution abbiamo ascoltato tantissimi operatori  legati allo sport che, divisi in tre panel, ci hanno fornito indicazioni su cosa bolle in pentola, o meglio, su cosa si muove nel portafogli del runner.

Un dato sicuramente interessante, ma per certi aspetti ovvio, è che il runner ha una predisposizione superiore al non runner per quanto riguarda l'alimentazione, la salute, il turismo e la tecnologia.

Ci sono aspetti di questa ricerca dell'Istituto Piepoli che non mi hanno convinto molto ma il dato più importante che mi è rimasto impresso è che in Italia ci sono mediamente ogni anno circa 60 mila arrivati complessivi alle oltre 40 maratone che si organizzano.
 Tralasciando la mitica NYCM, singole maratone di prestigio come  Parigi o Londra hanno quasi gli stessi arrivati in una singola gara.

Ci si interroga quindi sul perchè in Italia si fanno questi numeri molto piccoli. 





                               Nelle maratone italiane il grosso dei partecipanti è locale, cioè della città in cui si svolge la gara, questo dato, unito al fatto che ogni città fa la sua maratona, comporta una dispersione nel numero di partecipanti.
Sempre parlando delle nostre maratone, a dire il vero il mondo del runner è completato dalle gare più corte su strada, dai trail e dalle ultratrail, non vi è un grande coinvolgimento delle città ospitanti e non vi è un connubio tra sport e turismo.

Se le nostre maratone vogliono crescere devono fare più sistema con la propria città, unire le forze con altre maratone magari cancellando dal calendario qualche gara di troppo e devono creare un virtuosismo che unisca la trasferta sportiva con la gita turistica.
Occore trovare il modo per coinvolgere anche le famiglie creando eventi collaterali che permettano agli accompagnatori di vivere giornate interessanti.
Insomma, il runner è ben disposto a spendere soldi ma pretende anche una qualità di servizi collaterali che in Italia ancora non trova ed ecco perché preferisce correre le maratone all'estero.

E con questa argomentazione abbiamo ascoltato l'organizzatore della Maratona di Siviglia e quello di Praga. Ci hanno spiegato come hanno ragionato in termini di business coinvolgendo praticamente tutto l'anno le loro città nel fornire volontariato e risorse per le loro manifestazioni.

Sinceramente non ho capito perché non sono stati invitati a raccontare le loro esperienze gli organizzatori delle maratone di Roma e Milano e della Roma Ostia, le tre gare più importanti d'Italia.
Avremmo potuto capire da loro quali sono le problematiche organizzative che devono affrontare soprattutto nel coinvolgimento delle istituzioni e della cittadinanza.

L'ultimo panel ha argomentato sulla corsa e la felicità, su quanto un sano stile di vita, che si può raggiungere anche con l'attività fisica, porti benessere alla società in termini anche psichici ma pure in termini di minori costi sociali per le spese sanitarie.

In conclusione, è stato creato un'osservatorio su questi argomenti per trovare idee e soluzioni per migliorare questi aspetti che fanno risaltare come nel mondo dello sport, come peraltro in tanti altri ambienti, occorra investire di più sia in termini economici che di risorse umane. Abbiamo in gestione un paese stupendo ma non sappiamo ancora da dove cominciare.

Buone corse a tutti.

martedì 22 maggio 2018

Corso per Dirigenti sportivi dell'Osservatorio Sport Castelli Romani


Lo sport accompagna le nostre giornate sia da appassionati che da praticanti oltre che genitori di sportivi. Eppure in Italia dal punto di vista dirigenziale c'è ancora tanto da lavorare, sia in termini di managerialità che d'impiantistica e marketing.

 Nel nostro paese soltanto l'1,7% del PIL è occupato dallo sport contro il 3% della media europea. Troppo poco per una nazione come la nostra che vanta campioni in ogni disciplina ed ha milioni di praticanti. Lo sport in Italia non ha un ministero vero e proprio e si fonda per la sua totalità sul volontariato. Dal Coni alle singole Federazioni tutto si regge su appassionati che dedicano tempo e risorse proprie per portare avanti le attività agonistiche.

Con questa premessa l'Osservatorio Sport dei Castelli Romani coordinato da Gennaro Cirillo,membro della Federazione di Canoa, ha organizzato sabato scorso un corso per professionisti dello sport a cui ho partecipato insieme al mio amico Oscar.
Ci siamo ritrovati nella foresteria del centro federale di canoa del Coni al lago di Castelgandolfo ed abbiamo trattato più tematiche relative al mondo dello sport.

Il Dr Monti ci ha parlato di managerialità e programmazione delle attività sportive e di come dovrebbe essere pianificata la mission sportiva di una società ma anche di una federazione.

I problemi più grandi che si incontra in Italia nel gestire un team sportivo riguardano la mancanza di una visione vera e propria, la mancanza di decentramento delle responsabilità oltre che la definizione di diverse attività dirigenziali. In pratica poche persone si occupano di tutto, dagli allenamenti, al vestiario ed a tutto quello che riguarda la vita della società. Ci vorrebbe una migliore divisione dei ruoli senza improvvisazione dando responsabilità specifiche.

Dovremmo copiare il modello americano che mette in risalto tutte queste attitudini dando risultati più efficienti ed efficaci cioè riescono a dare il massimo risultato con i mezzi a disposizione.
Una grande attenzione dovrebbe essere rivolta alla comunicazione a tutti i livelli, sia esterna che interna, essere chiari nel fornire i propri intendimenti comporta un miglioramento sia nei rapporti tra dirigenti e allenatori che tra allenatori ed atleti oltre che tra squadra e pubblico.




Il Prof Fontana ci ha invece illustrato le problematiche dal punto di vista del diritto, spiegando le distinzioni tra Asd e Ssd, a quali differenti responsabilità si va incontro ed a come la legge sportiva differisca da quella civile e penale.Le problematiche più importanti sono senz'altro relative alla tutela della salute del tesserato e quindi ci ha spiegato i vari accorgimenti per tutelarsi soprattutto con la stipula di valide assicurazioni che coprono dal rischio per infortuni o altri eventi.

Anche questo argomento ha evidenziato sia le carenze del legislatore che la parziale conoscenza da parte dei dirigenti.

Su un tema strettamente collegato, quello fiscale, abbiamo avuto una bella lezione da parte del Dott Bottoni che ci ha ragguagliato sulle nuove disposizioni in termini fiscali della finanziaria del 2018.
Sinceramente l'argomento era un po' ostico ma ha reso ben chiara l'idea che non si può fare tutto da soli rischiando multe salate ma ci si deve sicuramente affidare ad un amico commercialista che ci può dare una mano.

L'architetto Buccione ci ha fatto un excursus sull'impiantistica italiana, mostrandoci esempi su campi polivalenti di buon esempio ed altri, come la vela di tor vergata, di pessimo esempio e scelleratezza nel gestire i soldi pubblici.










Infine il Prof De Lucia, Presidente dei Psicologi dello sport, ci ha tenuto una lezione su come vanno trattati gli atleti ma non solo loro durante la vita sportiva. E' stato molto interessante ed ha spiegato come l'approccio dello psicologo è diverso a seconda degli ambienti e dell'età dei ragazzi oltre che delle discipline praticate ed al livello di bravura.

Non poteva mancare un accenno ai genitori degli atleti, che forse sono quelli che hanno più bisogno di essere indirizzati ad una più sana coscienza sportiva.

In conclusione, posso dire di aver partecipato ad un ottimo corso che mi ha arricchito in termini di conoscenza e consapevolezza. Spero che l'Osservatorio organizzi altri incontri e vorrei indicare a Gennaro Cirillo di dedicare un focus alle società dei castelli soprattutto in termini di collaborazione sotto forma di polisportive ed altro ed in termini di miglior utilizzo e distribuzione delle risorse degli impianti sportivi dei castelli.

Ed ora tutti a fare sport! Dajeee!!




venerdì 18 maggio 2018

Quel dolore alle gambe che non passa.






Siete stati veramente in tanti a leggere il mio post sugli allenamenti da ragazzo in passeggiata a Cogoleto. Il post è stato letto da tanti amici del paese dove sono cresciuto e questo mi ha fatto molto piacere. Penso di raccontare altre cose tra qualche tempo perché fa sempre bene ricordare le avventure di quando si era ragazzi spensierati.
Ora di pensieri ce ne sono molti, ognuno ha i suoi e per quanto mi riguarda nella mia corsa, in questo momento il mio pensiero è per questo mal di gambe che non mi passa.
Mi fanno sempre male la parte bassa delle cosce, i muscoli vicino al ginocchio per intendersi,ogni volta che corro si indolenziscono subito e la seduta d'allenamento risulta faticosa soprattutto se la corsa è lenta.
Non so darmi spiegazione perché dal punto di vista fisiologico sto abbastanza bene, la glicemia è controllata e altri dolori non ho.
Le scarpe sono nuove e quindi da questo punto di vista non è un problema. Da quello che posso immaginare, mi viene da pensare al fatto che due mesi fa ho fatto qualche partita a calcio senza allenamento. Può darsi che il carico a cui ho sottoposto quei muscoli è stato importante e non riescano ancora a recuperare, però è passato ormai tanto tempo.
Un'altra spiegazione che mi do riguarda il fatto che sono dimagrito molto e forse ho cambiato leggermente postura facendo lavorare le gambe con angoli diversi e questo ha creato degli scompensi a discapito di quei distretti muscolari.
Mi affido a voi ed alla vostra esperienza, fatemi sapere, non abbiate remore nel commentarmi.
Buon fine settimana di gare ed allenamenti!

sabato 12 maggio 2018

Pionieri del 1980



Passeggiata di levante 1980



                          Ieri stavo guardando delle foto di Cogoleto, il paese in provincia di Genova dove sono cresciuto, e la mia attenzione si è fermata su questa foto che ritrae un tratto della vecchia ferrovia che passava tra il mare e l'Aurelia. Una volta dismessa nei primi anni '70 diventò una sorta di passeggiata per chi abitava nel levante della cittadina e fu asfaltata al centro per permettere un più agevole passaggio. Sul lato destro potete vedere come corre parallelo una sorta di muro ma era in realtà una specie di bunker di contenimento utilizzato durante la seconda guerra mondiale. Nei primi anni '80 fu fatta la passeggiata ed ora di quel periodo resta questa foto ed i ricordi.

I ricordi sono dei tanti allenamenti fatti su quella lingua d'asfalto, di tante sere buie dove ci illuminavano quattro lampioni sparsi sull'Aurelia oppure nelle sere di luna piena quella luce argentata che rifletteva sul mare.

Eravamo ragazzi in cerca di adolescenza, di miti e avevamo sete di imparare, di crescere. I nostri allenatori non ci insegnavano soltanto a correre, ci portavano musicassette da ascoltare, ci facevano guidare i loro motorini, ci portavano a cena a casa loro.

Eravamo un bel gruppo che faceva atletica in un paesino dove lo sport era una grande palestra per crescere, per scappare dalla noia. C'erano già a fine anni '70 parecchie sezioni sportive, raccolte in un centro di formazione fisico e sportivo di emanazione comunale, centro che ancora esiste da ben 45 anni. Ogni sport era pioniere nel suo arrangiarsi nell'attività quotidiana. Il calcio, l'unico a non far parte della polisportiva, aveva il suo centro lontano dal paese e ogni giorno vedevi ragazzi che andavano a piedi lungo la sterrata polverosa per raggiungere il campo. Lo stesso era per il rugby, il campo lo tenevano in ordine loro stessi facendo volontariato.

E poi il basket col grande professor Ermanno che girava il paese con una rete coi palloni dentro, il basket si faceva in palestra e al campo all'aperto di villa nasturzio.
C'erano altri sport e poi c'eravamo noi dell'atletica, noi che non avevamo una pista ed il nostro campo d'allenamento era la passeggiata, due chilometri di asfalto, piastrelle e mattoni di pietra che solcavamo con una continua altalena da levante a ponente.

Noi che lasciavamo i nostri motorini incustoditi sulla passeggiata con appoggiate sopra le nostre tute, i nostri documenti e qualche centinaio di lire avanzate dalla sala giochi.
Avevamo tute comprate al mercato che non lavavamo mai perché ci allenavamo tutti i giorni e la tuta sociale la usavamo soltanto per le gare. Ci scaldavamo tutti insieme e poi noi fondisti prendevamo la strada per la passeggiata mentre i velocisti restavano nel vecchio passaggio della ferrovia sotto le scuole.

Ognuno di noi doveva correre al proprio ritmo e così ci si divideva in altri piccoli gruppetti praticamente da singoli e si partiva per fare i nostri medi, corto veloci e ripetute. Non avevamo cronometri, forse solo uno che gestiva  l'allenatore e noi avevamo i primi orologi a cristalli liquidi trovati nei fustini dei detersivi.

Eravamo pionieri pure noi e sperimentavamo il fartlek, il circuit training, la corsa in spiaggia e gareggiavamo in salita con le 500 e le 127. Conoscevamo ogni metro della passeggiata che dal lerone andava all'arestra, passavamo da uno scalino all'altro tra le uscite dei parcheggi controllando con la coda dell'occhio di non farsi schiacciare da qualche macchina.

Solitamente si partiva dal ponente, dalla sbarra della rotonda dell'arestra, i primi cinquecento metri erano tra il ristorante Gustin e l'alimentari e poi il mille era allo scalino del parcheggio davanti alla casa del popolo. Il 1500 era davanti all'agenzia Dini vicino alla chiesa e poi il duemila era al lampione della villa dei Bianchi, quella della foto.
 Lì si tornava indietro e si continuava, avevamo in testa tutti i passaggi e ci si incrociava ognuno al suo ritmo. A volte dall'Aurelia arrivava lo strillo dell'allenatore che ci seguiva col motorino, chiedeva come andava, ma non era un grido consolatorio, era il richiamo a non sgarrare sul ritmo imposto. Era fatica, ma era tanto divertimento.

La stessa passeggiata oggi


In quei due chilometri, verso il buio delle sette di sera d'inverno, vedevamo la gente che rientrava a casa, zona per zona, caruggio per caruggio. Era bello perché in pochissimi minuti passavamo da un quartiere all'altro, eravamo pionieri pure in questo, nell'esplorare il nostro paese. Il vento era sempre e solo quello: tramontana; soffiava sempre di lato, dalla montagna al mare e noi in mezzo a piegarci a destra o a sinistra a seconda se andavamo o tornavamo da levante.

Il tratto più brutto era quello verso l'arestra perché lì il vento soffiava più forte mentre il più fastidioso era quello tra il bar Checco e Rumaro perché la passeggiata era di piastrelle rosse e si scivolava sempre anche perché erano  umide di mare.

Il tratto più duro era quello della spiaggia delle barche perché era al centro del paese e dovevi aumentare per far vedere agli amici dei bar Angela e Maxian che andavi veramente forte.

Avevamo gambe bianche e gelide, coperte solo da pantaloncini di raso, chi aveva i Lac, chi gli Adidas, mentre le femmine erano sempre in tuta, sempre col dolcevita al collo e sempre malate.

Ci teneva compagnia il rumore del vento dalle montagne e la forte risacca del mare sempre mosso, ci faceva trasalire il boato delle marmitte dei motorini truccati e poi ci si riimmergeva nel nostro mondo di metri su metri da divorare.

A volte passava l'allenatore dei velocisti con la sua vespetta, aveva a tracolla degli ostacolini e impugnava un giavellotto, roba da matti, da pionieri degli stunt man.

La domenica andavamo in giro per la liguria, si vinceva, si perdeva ed il lunedì eravamo sempre lì, su quella lingua d'asfalto a ricominciare a sognare, a scoprire, ad imparare a vivere.

Avevamo anche dei nomi, nomi veri e non di battaglia: Tonino, Giampiero, Mario, Luca, Alessandro, Fabio, Diego, Alfredo,Fabrizio, Marcella, Laura, Claudia,Emanuela e Simona. Noi eravamo i fondisti e poi c'erano tutti gli altri da Giorgio a Carlo, da Marco all'Andreina ad Umberto e Fabrizio e tanti e tanti altri. Eravamo nel 1980 e poi arriveranno tanti altri compagni di allenamento.

Incredibile come una semplice foto possa far riaffiorare così tanti pensieri, è incredibile come in così poche righe non si riesca a raccontare tutto quello che si vorrebbe.
Buona strada amici, custodite gelosamente i vostri ricordi.

mercoledì 9 maggio 2018

E voi come organizzate le vostre gare?

Se vuoi fare il dirigente di una squadra seria come la Running Evolution devi dare l'esempio, quindi devi arrivare all'appuntamento delle 6.30 al casello prima dell'arrivo del ducato orange.

Devi assecondare la route map dell'autiere Giuseppe e devi farti carico del montaggio del gazebo alle 7 del mattina in una piazza ancora piena di macchine nonostante il divieto di sosta.
Devi avere una buona parola per tutti gli orange che arrivano alla spicciolata, devi farti un giro di promozione col Presidente Fausto presso tutti gli altri gazebo per la nostra Corricolonna del 30 settembre.

Devi avere l'occhio critico nel valutare l'organizzazione della gara in cui ti trovi e trovare spunti per la gara che organizzi tu. Infine devi correre testando i percorsi e valutando se le aspettative si avvicinino alla realtà, cioè se il "pianeggiante" del volantino non sia in realtà una "forte salita" e se il "ricco pacco gara" non si riduca alla "solita maglietta lavavetri".



E così ho fatto domenica scorsa alla Corri Bravetta, la mia prima volta ad una gara molto partecipata ma che soffre un po' della logistica della zona partenza. Il percorso è bello soprattutto nella parte all'interno di Villa Pamphili mentre perde nel finale quando ci si imbottiglia in una piccola striscia d'asfalto tra marciapiede e transenne. Ricchissimo il buffet di fine gara ma io non ne approfitto mai, non so spiegarmi come ci si possa abbuffare appena finita una gara con i battiti ancora sopra i 120.

Ho vissuto a Boccea per qualche anno e la zona mi è rimasta nel cuore, sono tornato indietro di 25 anni e alle mie corse dentro Villa DORIA Pamphili, un bellissimo polmone verde che permette agli amici ramarri della squadra che prende il nome della villa a fare tesserati su tesserati. Complimenti a loro per la passione e la location naturale.

A fine gara col Pres Fausto commentavano con dirigenti di un grande team romano del fatto che alle otto del mattino tutta la zona partenza era da preparare e della parte finale del percorso. Ragionavamo sugli elementi che fanno la differenza qualitativa tra le varie gare e come, a volte, il dare un'elevata qualità non corrisponda a numeri maggiori di partecipazione. 

Da qui la domanda che ci si pone se ne vale la pena di fare grandi sforzi organizzativi per poi avere dei riscontri nei numeri di pari livello.
La risposta è che comunque ne vale sempre la pena sia per avere maggiore sicurezza per i partecipanti e sia per soddisfazione personale.






Per quanto riguarda la mia prestazione sono contento, ho fatto i primi 7 km sotto ai 5 al km e poi le salite finali mi hanno colto impreparato.
Conto di scendere presto sotto i 50' nei 10 km ma ora sono imbottito di antibiotici per l'estrazione di un dente e devo riposare un po'.
Buona strada a tutti e mi raccomando, occhio ad attraversare!

giovedì 3 maggio 2018

Le Ville di Frascati sono tutte in salita.





Ciao a tutti, non scrivo da qualche giorno perché non voglio cadere nel banale raccontando i singoli allenamenti, i singoli passi di corsa che non hanno niente di straordinario per essere trascritti.
In questi giorni ho fatto pochi allenamenti perché ho preferito recuperare le quattro gare di seguito e poi la gara del 25 aprile a Frascati era veramente dura per la mia preparazione del momento. E' praticamente quasi tutta in salita e attraversa le splendide ville di Frascati, uno spettacolo di fontane, di sculture e ville oltre che giardini e siepi che ti fa tornare indietro nel tempo.
Nei salitoni ripidi ho camminato volontariamente, anche perché non potevo fare diversamente, ed ho sempre cercato di riprendere il passo dopo la salita. In definitiva la gara è stato un bell'allenamento per rinforzare le gambe e per stare insieme a tanti amici orange.
A proposito di amici orange, sabato abbiamo fatto una riunione operativa in sede della Running Evolution per iniziare a parlare della nostra gara di settembre, la Corricolonna che si correrà l'ultima domenica di settembre.
L'anno scorso furono quasi 1500 arrivati e quest'anno abbiamo buone intenzioni di superare questo magnifico traguardo.
Abbiamo , quindi, tirato giù un bel po' di idee per migliorare ulteriormente la parte logistica della gara ed introdurre delle novità che speriamo vengano apprezzate. 
Domenica ho provato a cimentarmi nel giro di Marino, percorso abbastanza impegnativo per noi di Frascati di circa 14 km ma l'ho dovuto accorciare per le troppe salite con cui ancora non ho molta confidenza. Ma ormai parto dall'idea che ogni volta che esco di casa per correre ho già vinto e quindi ho portato a casa la mia oretta molto produttiva.
Oggi invece mi sono cimentato su 3 volte gli 800 fatti con la mia metodica a cui devo ancora dare un nome. Ho fatto praticamente due 300 con 200 metri di recupero, un totale quindi di 800 metri e poi il recupero. Correvo bene a parte la gola un poco infiammata ed alla fine mi sono concesso un 500 in 2'. Insomma, si corre e ci si diverte. Ci vediamo domenica su strada, questa volta si corre nella zona di Bravetta a Roma, si attraversa villa DORIA pamphili e si respira aria di quando vivevo a Boccea nei primi anni '90.
Buona strada a tutti.



martedì 24 aprile 2018

Studia ragazzo studia.





Questa volta mi giro ed Oscar non c'è nel raggio del mio sprint finale, è rimasto indietro a duettare con Franco e ci lascerà il ginocchio su questo tartan che lo vede perdente per due volte in sette giorni. Spero che non sia nulla di grave e che con un po' di riposo il ragazzo recuperi l'infortunio e torni in pista, no in pista è meglio di no, diciamo su strada che è meglio.
La passata domenica la carovana orange con altri 500 atleti si è spostata alla Cecchignola, nella città militare, per un 10000 dentro alle varie caserme che compongono questa vera e propria cittadina dentro Roma. Ho corso parecchi chilometri al fianco del Presidente Fausto e verso la fine l'ho lasciato allungare, anche perchè se si fosse trovato a tiro all'arrivo lo avrei battuto nello sprint.

Mentre correvamo si guardava attorno e ricercava nella memoria la caserma dove ha fatto il militare nell'82 e si è commosso quando l'ha trovata.
Lo stesso è successo a me perchè in quelle caserme mio padre nei primi anni '50 faceva il sergente maggiore e l'istruttore automobilistico. Mi raccontava sempre di quegli anni per lui meravigliosi a Roma, di tutti i più belli angoli della città ed il mio grande rimpianto è quello di non averlo fatto tornare in questi posti quando mi sono trasferito a Roma. Mi sono commosso nel pensarlo mentre girava coi camion in quelle strade, in chissà quale campata dormiva, in chissà quale angolo scriveva lettere per mia madre.
Mio padre che mi diceva sempre:"Studia ragazzo, studia". Ed io gli ho dato retta finchè ho potuto e dopo ho ceduto il passo al lavoro ma mi sono sempre lasciato la curiosità di imparare qualcosa. 

Anche nello sport, in questo eterno amore con la corsa ho anche cercato di saperne sempre di più, in tutti i campi; dalle metodiche d'allenamento, alla fisiologia, al management e all'organizzazione di una società ed eventi.
E così il giorno prima, sempre col mitico Oscar, ho partecipato alla Scuola dello Sport del Coni ad un seminario sulla finanziaria 2018 e sul Registro del Coni. Nei viali del Centro "Giulio Onesti" dell'Acquacetosa ho respirato aria di sport, di olimpiadi, di grandi campioni.







Questo Seminario è il seguito di un Corso per Dirigenti Sportivi a cui abbiamo partecipato sempre io ed Oscar a Novembre. Un'interessante panoramica di otto lezioni sul mondo del Dirigente sportivo con l'approfondimento su tematiche che andavano dalla tutela sanitaria agli impianti sportivi e altro.
Insomma, il ragazzo continua a studiare e magari un giorno si farà apprezzare, chissà.


PS: La gara è andata bene, ho chiuso i 10 chilometri sotto i 51 minuti come volevo. I dolori ai quadricipiti stanno sparendo ed ho corso sempre in spinta.
Domani ci vdiamo alle Ville di Frascati, spero in tanti, per apprezzare la città dove vivo ed i suoi meravigliosi e panoramici percorsi tra Ville settecentesche.
Buona strada a tutti.

venerdì 20 aprile 2018

Ripetuta juvant







E' passato ormai un mese da quando ho ricominciato a correre con una certa continuità, da quando ho vinto la stanchezza per la glicemia alta ed ho ricominciato con quei 3 chilometri di sofferenza che ti riportano nel mondo dei runner.
Ogni volta ricominciare è sempre dura, i dolori iniziali il più delle volte ti fanno desistere dal continuare e vorresti pure ricorrere già con tempi del passato che al momento non ti puoi più permettere.
In questa ennesima ripartenza ho utilizzato dei mezzi diversi per evitare il meno possibile questi ostacoli. Son tornato a giocare a calcetto per qualche partita in modo da far lavorare subito i muscoli e riacquistare un minimo di brillantezza per stare sulle gambe. E poi il calcio lascia tanti dolori alle gambe, soprattutto se non sei allenato, che poi, quando corri, ti senti quasi sollevato dalla differenza di fatica.
Ho sempre seguito con interesse le metodiche di Orlando Pizzolato ed ho ripreso un suo allenamento svolto con variazioni semplici sui 100 metri con recupero sulla stessa distanza. Non avendo grande tenuta, pur riuscendo in sole 2 settimane a correre bene 10 chilometri, ho studiato un metodo che ho chiamato "ripetuta nella ripetuta".
Ho cercato, cioè, di frazionare l'allenamento in ripetute sui 1000 con al loro interno delle altre variazioni. In pratica ho corso, ad esempio, 3 volte i 1000 con 2'30 di recupero con al loro interno 5 volte 100 metri veloci e 5 volte 100 metri più lenti. Dividendoli in questo modo ho potuto migliorare sia la potenza aerobica coi 1000, che la forza e la velocità con i 100 metri veloci.
Ho fatto altrettanto coi 1000 suddivisi in 200 metri, quindi all'interno dei 1000 ho svolto 3 volte i 200 in allungo e 2 volte i 200 in recupero.
In poco tempo ho svolto i 1000 divisi in 100 metri a 4'35 circa, mentre coi 200 sono salito intorno ai 4'40.
Ho fatto pure dei 1000 alternando i due sistemi e cioè un 1000 coi 100 ed uno coi 200.
Non l'ho ancora fatto ma vorrei fare anche dei 1000 divisi in 400 svelto, 200 di recupero e poi altro 400 svelto.
Ho trovato grande giovamento da questa metodica e in settimana mi sono cimentato sui 1000 veri e propri ed ho avuto la grande soddisfazione di correrli tra i 4'29 del primo al 4'15 del quarto ed ultimo.
Ogni primo 500 è stato fatto in 2'10, segno che il ritmo di 4'20 è quello giusto per la preparazione del momento.
Per sfizio un giorno ho corso pure un 500 in 1'45 e vediamo col tempo quanto margine ho ancora di miglioramento.
Racconto queste cose perché quando ci si rimette in strada si riaprono tutti quei meccanismi del runner che passa le ore di corsa ripensando e sognando tutto il possibile, dal vincere le olimpiadi a scalare le montagne.
La mia compagna Roberta mi prende in giro perché gli snocciolo tutti questi tempi e ritmi ma questa depravazione viene da lontano, da quando negli anni '80 ci allenavamo con un semplice cronometro senza intertempo e dovevamo tenere tutto a mente e calcolare ad ogni frazione di chilometro se la media era giusta o meno. Sono cresciuto facendo operazioni coi sessagesimali e lavorando in Rai con l'orologio ed il segnale orario mi sono sempre trovato bene a fare i conti al volo per far partire le pubblicità o altre cose.

Alla Maratona di Roma ho incontrato Orlando e abbiamo parlato di questo metodo di ripetute e mi ha consigliato di provare a fare anche degli scatti sui 50 metri in apnea per far sfruttare meglio l'ossigeno da parte dei polmoni. La tecnica prevede che l'allungo venga fatto in assenza di ossigeno e quindi prima di partire occorre far fuoriuscire tutto il fiato e partire in apnea senza ossigeno in corpo. Devo dire che all'inizio gira la testa ma poi si riesce a correre bene i 50 metri.
Mi pare che la mia respirazione stia funzionando meglio. vi aggiornerò più in là.

E domenica si torna a fare una garetta sui 10 km alla Cecchignola, ci vediamo lì e buona strada a tutti.

martedì 17 aprile 2018

Appia run - the final countdown






Le teste ondeggiano davanti a me mentre ci incamminiamo come seconda onda verso la partenza. Vedi le persone che fluttuano da destra verso sinistra e da sinistra verso destra, di solito ci si commuove all'arrivo della gara ma io lo faccio ora in questa partenza dell'Appia Run, ora che affronto i suoi impervi 13 km dopo qualche anno.
La musica è sparata dagli altoparlanti e ci fa tornare indietro di 30 anni quando gli Europe ci strillavano che era arrivato l'ultimo conto alla rovescia, quello verso l'ignoto e, forse, senza ritorno.
Le canotte colorate avanzano ed io mi chiedo il perché di questo conto alla rovescia finale. mica sarà l'ultima gara che faccio , mica sarà che mi sento male in gara anche perché mi sono attardato sotto al gazebo a mangiare due biscotti integrali ed ora mi ritrovo qui tra le teste ondeggianti senza orange attorno.




E dire che la mattinata era partita presto, col ducato orange giù dalle colline dei castelli romani, in allegria con l'autiere Giuseppe, Fausto, Oscar e poi Tonino e Massimiliano con Pierino , ero tornato dopo anni a far parte del gruppo dei monta e smonta gazebo. quelli che si caricano tutto e gli altri passano, corrono e ringraziano:"Ciao, grazie ed alla prossima".
It's the final countdown ci saluta sulla riga di partenza ed un fiume colorato si snoda verso l'Appia antica, cambia terreno più volte e le mie gambe patiscono, le cosce sono dure e non trovo mai il ritmo giusto; avranno ragione gli Europe a dire che questo viaggio su Venere è definitivo e non ci sarà il ritorno?

Ma nonostante i dolori corro bene, il fiato c'è e la voglia pure. Quando entriamo nel parco della Caffarella le gambe si sollevano, l'impatto più morbido col terreno allevia un poco il dolore e si iniziano ad intravedere delle canotte orange.




Al decimo chilometro finalmente acchiappo Oscar e gli dico di allungare ora sennò se arriviamo in pista assieme è un uomo fritto. Ma le gambe tornano dure e devo camminare due volte per venti metri in salita per farle respirare. Quella musica mi è rimasta nelle orecchie ed ormai mi risuona come un presagio che si sta avverando, ormai ho anche un sospetto e c'è un ulteriore prova da fare per scoprire l'arcano.

Arriviamo in pista col giudamento di arrivare insieme ma il buon Oscar parte ai 150 metri con non si sa quale sconsiderata scusa, io lo guardo sfilare via e penso che è ora di capire se il problema alle gambe di oggi è quello che penso.



 Mi devo impegnare per recuperare lo svantaggio ed imbucare il rettilineo finale lasciando di stucco il malcapitato che non aveva ascoltato il consiglio datogli al decimo chilometro. Bella sfida con Oscar, si scherza in spirito orange ma io ho una risposta seria da darmi.

Correndo lo sprint finale le gambe non mi fanno male, i muscoli laterali delle cosce lavorano di meno, si spinge di più con piedi e polpacci. Ecco la prova, inconfutabile, le scarpe sono arrivate, ormai scariche mi hanno abbandonato già dal primo chilometro ed ecco il misterioso final countdown: era per le scarpe e non per me.

Ritorno alle sempre amate Nike Pegasus e si ricomincia con 13 km in più nelle gambe, uno sprint vinto ed ancora più voglia addosso.



sabato 14 aprile 2018

Maratona di Roma 2018 ed il cerchio che si chiude





Intanto ringrazio per le oltre 600 visualizzazioni del post precedente, piano piano riesco a coinvolgervi nei miei racconti e la cosa mi fa molto piacere. Sabato scorso sono andato al Marathon Expò della Maratona di Roma ed ho incontrato con Roberta ed Oscar il signore che ha dato il nome a questo blog, ovvero Orlando Pizzolato; è sempre un piacere incontrarlo ed abbiamo chiacchierato su cento cose diverse. Il suo entusiasmo sulla corsa è sempre contagiosa e mi ha dato pure un consiglio su una metodica d'allenamento che dovrò sperimentare e poi vi racconterò.

L'Expò è sempre uno spettacolo di colori e voci di tante nazioni e regioni, fa piacere stare lì perché ci si sente parte di un qualcosa di molto grande. Si esce dal provincialismo che ogni giorno si vive e ci proietta in una dimensione più aperta, in un mondo che va oltre i confini e ti fa apprezzare le persone che si fanno migliaia di chilometri per correre una delle maratone più belle del mondo.





Quest'anno grazie alla mia amica Paola ho avuto l'onore di far parte dell'organizzazione, una cosa semplice ma molto gratificante: ho fatto il volontario lungo il percorso. Ci siamo ritrovati io , Paola, Mirella e Roberta a gestire un'incrocio poco prima del km 20. Insieme a noi c'erano due vigili che si occupavano del traffico locale e di una ragazza della protezione civile per i collegamenti con radio corsa.
Praticamente nel tratto di cinquecento metri di nostra competenza eravamo noi a controllare che la corsa avesse un buon andamento e così è stato. Abbiamo avuto un bel brivido quando ci siamo accorti che ad un certo punto il gruppo ci veniva incontro correndo sulla corsia centrale ed abbiamo dovuti farli distribuire sulle laterali perché al centro, stranamente, c'erano delle grosse buche che potevano creare pericoli.
Abbiamo avuto parole di incitamento per tutti e ci salutavano e ringraziavano in tante lingue diverse.
Chi fa la maratona gode sempre del mio massimo rispetto, lanciarsi per strada per fare oltre 40 chilometri è sempre un'impresa anche se tanti, ormai, ne fanno una a settimana. Vedi correre persone con evidenti problemi fisici ma che continuano lo stesso fino alla fine, li vedi così da anni e non capisci perché non smettono di farsi così male ma non capiresti manco il contrario.

E' stata una bella esperienza che ti fa venir voglia di correre, magari anche una maratona, chissà. Voglio impegnarmi nel diffondere la conoscenza sul diabete e come prevenirlo e contenerlo grazie alla corsa. Se avete suggerimenti fatemi sapere e troviamo un modo per fare qualcosa di interessante.







Queste righe le ho scritte mercoledì scorso e poi mi sono fermato perché mi mancava la chiusa, mi mancava un tassello e l'ho trovato ieri, cioè venerdì. Vado al lavoro ed il capo mi dirotta subito a Perugia per seguire una presentazione di un libro di Di Battista, l'ex esponente dei cinque stelle. 
Parto e arrivo a Perugia, entro nel parcheggio sotto la città ed un tuffo al cuore mi assale: nella vallata sottostante vedo una vecchia pista d'atletica che mi pare in disuso; la mente corre veloce al 1984 ed al Giro dell'Umbria che fece tappa proprio lì su quella pista. Un'emozione intensa rivedere dopo 34 anni quel luogo, quel posto dove ho corso assieme ad Orlando a debita distanza da me,scendo dalla macchina e leggo un messaggio di Ilaria, la moglie di Orlando, che mi dice che il mio post scorso intitolato "Non ti allontanare" le è piaciuto molto e lo pubblicherà sul blog di Orlando . Che grande piacere e che onore, ecco che si chiude il cerchio, in una settimana che mi riconcilia con la corsa ho visto Orlando, ho vissuto una maratona, ho rivisto un luogo perduto della corsa ed il mio blog torna a far parlare di sé.
Domani vado a correre l'Appia Run per divertimento, con gli amici orange e tutti gli altri.
Buona strada a tutti.

https://www.orlandopizzolato.com/it/2103-racconti-primo-piano.html











martedì 3 aprile 2018

Non ti allontanare.



La luce soffusa della lampada sulla scrivania mi offusca la vista e la mente, mi ritrovo in questa stanza rettangolare a rispondere a domande.
"Come si chiama?". "Cosa è successo?".
Domande normali ma che in questo giorno di Pasqua suonano strane. E dire che stava andando tutto bene, troppo bene. Mi ero alzato molto presto, alle 4 e 43 per l'esattezza ha suonato la sveglia, non la metto mai precisa.
Ho lavorato le mie otto ore e poi sono andato al laghetto di Tor di Quinto a correre, mi sono fatto questa foto e sono partito. Il prato era ancora bagnato dalla recente pioggia ma era pieno di tanta gente, di famiglie che giocavano col pallone, di mamme coi passeggini e di altri runner.
Io ho preferito uscire dal parco e salire sulla ciclabile che porta fino a Castel Giubileo. Avevo qualche presentimento, correre così a lungo dopo tanto tempo, in un posto solitario con questa glicemia ballerina. Qualcuno mi aveva detto di stare attento, di non allontanarmi e allora, ripensando a quella frase ho portato con me il cellulare attivando l'applicazione che mi conta i metri percorsi e fa vedere ai miei amici di facebook quale strada sto percorrendo.
La persona che mi sta davanti  mi sta ascoltando  con l'interesse di chi lo deve fare per mestiere e dovere, dentro di se magari sta pensando che vorrebbe essere con la famiglia a farsi la mangiata di Pasqua e non stare qui a sentire le sensazioni di questo corridore della domenica festiva.
Le gambe erano pesanti per via dell'ultimo allenamento e pure per l'asfalto duro di questa ciclabile che è bellissima per gli scorci sul Tevere che ti offre ma è bruttissima per la sua durezza.
Non sono il solo a correre, ci sono altre persone, c'è chi va in bicicletta, chi mi sorpassa e poi rallenta, chi mi incrocia e mi saluta. A parte le gambe il fiato sta bene, i chilometri passano accanto a tutta una serie di circoli sportivi fino all'ultimo che è un campo comunale di golf. Vorrei fare dieci chilometri e quindi vado avanti fino a farne cinque per poi tornare indietro.
Quando giri e torni indietro la strada ti corre sotto ai piedi in modo più veloce, a volte è vero ma è soprattutto una sensazione piacevole perché mentalmente sai chi ti stai riavvicinando al punto di partenza. Sulla strada del ritorno penso ad un progetto che vorrei portare a termine a metà ottobre, mancano sei mesi e mezzo e ci posso lavorare con tutta calma ma di questo me ne occuperò più in là.
Adesso c'è da portare a casa questo allenamento, c'è da oltrepassare la barriera dell'ora di corsa che non supero da agosto scorso, le gambe restano sempre tese e cerco di sollevarle usando i piedi e quel poco di forza che mi ritrovo negli addominali.
Eccomi ormai in prossimità del laghetto, ho già passato l'ora e i dieci chilometri, scendo sul prato e continuo fino ad arrivare ad undici chilometri e mi fermo, sono contento, stanco ma contento.
"Ecco signor Cacciato, mi vuole finalmente dire cosa le è successo?". Il signore davanti a me ormai si sta innervosendo, vuole sapere , mi ha già dedicato tanto tempo e la sua pazienza sta finendo.
Fisso il neon come a cercare luce nel ricordo e poi guardo in faccia l'uomo davanti a me.
"E poi son tornato alla macchina, ho aperto lo sportello ed ha cominciato a girarmi la testa, vedevo tutto confuso, come un puzzle appena disfatto non riuscivo a ricomporre quello che la memoria mi ricordava di aver lasciato prima della corsa dentro la macchina. La borsa che stava nel portabagagli era davanti, i pantaloni tolti per correre erano su un sedile, un libro era in terra e la macchinetta per fare la glicemia era su un altro sedile. Era un mondo in frantumi come il deflettore laterale destro, sfondato con chissà cosa. Era tutto in disordine ed era tutto lì tranne un oggetto , il centro gravitazionale di tutto questo caos:il mio portafoglio"
Ora il poliziotto di questo Commissariato di Ponte Milvio riesce finalmente a raccogliere i dati essenziali per stendere il verbale, per mettere per iscritto che tale coglione in tale giorno di Pasqua si allontanava dal proprio portafoglio contenente carta d'identità, patente, tessera sanitaria, tessera carrefour, tessera pewex, tesserino circolo rai e soprattutto carta di credito e bancomat per svolgere la sua corsetta terapeutica.

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Si saprà qualche ora dopo che mentre il suddetto coglione batteva record su record sulla ciclabile i ladri gli soffiavano circa 600 euro dalle sue carte prima di essere bloccate.
In quarantanni di corsa non mi era mai successo, c'è sempre una prima volta e spero l'ultima. Tanti mi hanno detto che non si lascia mai niente in macchina, ma chi corre sa che è un rischio continuo, che un cittadino di un vero paese civile non si deve preoccupare di nascondere sempre qualsiasi cosa, di aver sempre paura di essere derubato, offeso, violentato o chissà cosa ancora.
Quando ho messo questa foto su facebook avevo scritto come didascalia la frase:" Chi magna e chi core" ma dopo undici chilometri di corsa l'ho aggiornata in:"Chi magna, chi core e chi rubba.. li mortacci sua!"

sabato 31 marzo 2018

Settimana di passione.. per la corsa.





Buongiorno amici miei. E così dopo l'outing sulla mia malattia raccontata nel precedente post sono di nuovo qui a scrivere di corsa. Ma prima vorrei ringraziarvi per le oltre 300 visualizzazioni del racconto della vola Ciampino, era un anno che non scrivevo e fa piacere tutta questa curiosità su quello che scrivo.

Mi dispiace non poter essere così costante nella scrittura, sopratutto adesso che il diabete mi ha messo nella condizione di urgenza di esprimere le proprie emozioni e riflessioni su un mondo, quello del malato, che viene spesso dimenticato se non addirittura allontanato dai pensieri.
Viviamo in una società che ci vuole sempre freschi, tonici, al passo coi tempi, ci vuole sempre pronti ed efficaci. Non si può mai dire che ci si sente deboli oppure stanchi perchè si viene subito tacciati di essere lamentosi. Poi nel mondo della corsa c'è sempre questo vizio di condannare, benevolmente certo, chi si allena poco o con scarsi risultati. C'è troppa competizione anche a parole, si giudica tutto e si ragiona poco.

Un giorno vi racconterò come ho scoperto del diabete e come ho vissuto questi ultimi anni. Posso dire adesso che se la corsa è stata sempre per me una ragione di vita lo è ancor di più adesso. Mantenere livelli bassi di glicemia è diventato vitale e l'attività fisica fa parte del piano terapeutico; il piano terapeutico ha quattro punti fondamentali: la giusta alimentazione, le medicine, il controllo periodico e l'attività sportiva o fisica. La combinazione di questi elementi permette di tenere sotto controllo il diabete e di allontanare nel tempo gli inevitabili guai.

Questa settimana è stata intensa nel ripensare alle sensazioni della gara di domenica scorsa. Ripensavo al passo che tenevo, a come ho gestito la fatica e mi sono visto già proiettato in allenamenti più faticosi. Così martedì ho corso due ripetute da 1000 m facendo 100 metri veloci e 100 di recupero e poi 3 minuti tra una ripetuta e l'altra. Son venuti quindi 2  mille fatti a 4'45 e 4'30. In questa fase mi serve recuperare forza nelle gambe e questi allenamenti ti portano subito su.

Da un mesetto ho pure ricominciato a fare qualche partita a calcio coi colleghi e questo mi è molto utile per rimettere un po' di forza e carne nei muscoli. Ieri ho fatto una mezzora di saliscendi impegnativi dentro e fuori la villa di Frascati e poi dopo 3 minuti di recupero ho corso un mille di trasformazione in 4'18. Le gambe piangono ma io rido. Adesso devo stare attento ai valori di glicemia, con degli allenamenti così intensi si abbassa parecchio e devo subito normalizzarla.

Avrei tante cose da raccontarvi ma ve le dico un poco alla volta. Per ora dico soltanto che il prossimo obiettivo è l'Appia Run del 15 Aprile e poi si vedrà.
La prossima settimana vi voglio fare una recensione su un bel libro scritto da un mio amico, delle pagine intense sulla corsa e non solo.
Buona Pasqua a tutti e buona strada.

lunedì 26 marzo 2018

E dopo il dolce si Vola a Ciampino.





Linea di partenza dell'ennesima Vola Ciampino, linea di arrivo da un viaggio di ritorno. Il viaggio più dolce e tra i più pericolosi che si possano fare. Un viaggio silente nel mondo del diabete, un silenzioso accumulo di zucchero nel sangue che non va in circolo nei muscoli. Un ultimo anno passato a bere acqua come un cammello senza capire il perchè, finchè una semplice analisi del sangue ti inchioda ad un valore medio di glicemia di 400, roba da camposanto ma qualcuno lassù ti controlla sempre. Un mese d'insulina per abbattere i valori e poi pasticche su pasticche, per sempre, perchè il diabete si contiene ma non si guarisce. Tu conosci la differenza tra zuccheri e proteine ma tanta gente no e diventa anche un problema culturale e di abitudini , non solo di salute. Ti vedono magro e scavato e continuano a dirti che corri troppo ma non è vero, tu non corri da ormai quasi due anni. Quello che non sopporti del mondo di chi corre è il continuo confronto tra le varie prestazioni, tra i vari carichi di allenamento, tra l'essere forte o meno.



Corro ormai da quarantanni, corro per me stesso e sono sempre felice sia che corro poco, che corro piano o che corro da solo od in compagnia. Ed ora su questa linea di partenza rinnovo l'emozione di lasciarmi andare in quello che ho sempre saputo fare meglio, correre e poi ancora correre. La corsa è un valore assoluto ma anche relativo, intimamente legato al tuo mondo interiore, al tuo modo di essere, non si può schedare e catalogare dentro a tabelle, classifiche e ritmi. Se si pensa questo non si è capito niente della corsa, di se stessi e forse anche della vita. Ora siamo al terzo chilometro e le gambe reggono, ho poco allenamento ma oggi è la testa che mi porta oltre metro dopo metro, il corpo risponde e scioglie zuccheri, li porta nei muscoli e li fa spingere passo dopo passo. Si vira a metà gara, si lascia la lunga salita e si scende, si rivedono tanti amici, tanti colori di maglie, si rientra nel proprio mondo, nel mondo di quelli della domenica mattina. Le gambe girano come girava la testa l'estate scorsa nei vicoli assolati di Frascati. La malattia mi ha fatto crescere, mi ha portato ad essere ancora più vicino al mio essere, al mio mondo interiore fatto di anima e carne. Ora volo giù verso gli otto chilometri e poi curvo e risalgo. Un chilometro di salita e spingo passo dopo passo, ho una forza di volontà che non ricordavo, ho pure gambe leggere che rispondono e mi portano all'arrivo.


Un arrivo che torna ad essere punto di partenza, come tante altre volte nella vita e come da quarant'anni a questa parte nel mondo della corsa. Ora ho una gran voglia di correre, saranno le endorfine rilasciate in questi 10 chilometri, sarà che adesso mi conosco meglio ma questa ripartenza ha un valore diverso, molto dolce ed un poco amaro, sicuramente tra le ripartenze più consapevoli e vissute.
Buona strada a tutti.