martedì 17 aprile 2018

Appia run - the final countdown






Le teste ondeggiano davanti a me mentre ci incamminiamo come seconda onda verso la partenza. Vedi le persone che fluttuano da destra verso sinistra e da sinistra verso destra, di solito ci si commuove all'arrivo della gara ma io lo faccio ora in questa partenza dell'Appia Run, ora che affronto i suoi impervi 13 km dopo qualche anno.
La musica è sparata dagli altoparlanti e ci fa tornare indietro di 30 anni quando gli Europe ci strillavano che era arrivato l'ultimo conto alla rovescia, quello verso l'ignoto e, forse, senza ritorno.
Le canotte colorate avanzano ed io mi chiedo il perché di questo conto alla rovescia finale. mica sarà l'ultima gara che faccio , mica sarà che mi sento male in gara anche perché mi sono attardato sotto al gazebo a mangiare due biscotti integrali ed ora mi ritrovo qui tra le teste ondeggianti senza orange attorno.




E dire che la mattinata era partita presto, col ducato orange giù dalle colline dei castelli romani, in allegria con l'autiere Giuseppe, Fausto, Oscar e poi Tonino e Massimiliano con Pierino , ero tornato dopo anni a far parte del gruppo dei monta e smonta gazebo. quelli che si caricano tutto e gli altri passano, corrono e ringraziano:"Ciao, grazie ed alla prossima".
It's the final countdown ci saluta sulla riga di partenza ed un fiume colorato si snoda verso l'Appia antica, cambia terreno più volte e le mie gambe patiscono, le cosce sono dure e non trovo mai il ritmo giusto; avranno ragione gli Europe a dire che questo viaggio su Venere è definitivo e non ci sarà il ritorno?

Ma nonostante i dolori corro bene, il fiato c'è e la voglia pure. Quando entriamo nel parco della Caffarella le gambe si sollevano, l'impatto più morbido col terreno allevia un poco il dolore e si iniziano ad intravedere delle canotte orange.




Al decimo chilometro finalmente acchiappo Oscar e gli dico di allungare ora sennò se arriviamo in pista assieme è un uomo fritto. Ma le gambe tornano dure e devo camminare due volte per venti metri in salita per farle respirare. Quella musica mi è rimasta nelle orecchie ed ormai mi risuona come un presagio che si sta avverando, ormai ho anche un sospetto e c'è un ulteriore prova da fare per scoprire l'arcano.

Arriviamo in pista col giudamento di arrivare insieme ma il buon Oscar parte ai 150 metri con non si sa quale sconsiderata scusa, io lo guardo sfilare via e penso che è ora di capire se il problema alle gambe di oggi è quello che penso.



 Mi devo impegnare per recuperare lo svantaggio ed imbucare il rettilineo finale lasciando di stucco il malcapitato che non aveva ascoltato il consiglio datogli al decimo chilometro. Bella sfida con Oscar, si scherza in spirito orange ma io ho una risposta seria da darmi.

Correndo lo sprint finale le gambe non mi fanno male, i muscoli laterali delle cosce lavorano di meno, si spinge di più con piedi e polpacci. Ecco la prova, inconfutabile, le scarpe sono arrivate, ormai scariche mi hanno abbandonato già dal primo chilometro ed ecco il misterioso final countdown: era per le scarpe e non per me.

Ritorno alle sempre amate Nike Pegasus e si ricomincia con 13 km in più nelle gambe, uno sprint vinto ed ancora più voglia addosso.



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