mercoledì 24 ottobre 2007

Libertà chiama prigionia.

Troppe volte si invoca alla propria libertà come ad un principio inviolabile e dal punto di vista dei diritti umani è sicuramente così. A volte si ostenta questa libertà per sottrarsi a doveri che dovrebbero essere sempre presenti in una società civile, in amore invece la si vede come una bandiera per attirare le persone nel proprio mondo. Ma da qualsiasi forma di libertà scaturisce sempre la voglia intrinseca di prigionia, si cerca la libertà da qualcosa per incatenarsi a qualcos'altro. Sentirsi pienamente liberi difficilmente appaga e fa venire subito voglia di essere dentro a qualcosa , ad avere un intorno definito e appartenere ad un disegno più grande.
La libertà altrui porta sempre qualcuno a pensare di poterla avvicinare e recintare, chi è libero è subito circondato da chi la vede come un pericolo per se stesso. La libertà degli altri fa paura e non la si comprende e quindi la si osteggia.

Cosa c'entra questo con la corsa? C'entra se si considera che la ricchezza dell'allenamento ti porta sempre a gradini più alti di preparazione e alla possibilità di scelta. Puoi andare a correre e decidere sul momento cosa fare, lungo o medio, ripetute o salite. Quando sei allenato pensi di poter fare quello che vuoi e di poter correre fianco a fianco con chi è meglio di te. Chi ti osserva pensa che tu possa fare questo o quest'altro, pensa che tu debba convogliare la tua energia in qualcosa di preciso. Ma fortunatamente il tuo corpo decide quale catena devi mettere, solo lui ti dà indicazioni dei confini della tua libertà e a te per sentirti veramente libero basta semplicemente farti imprigionare da te stesso.

Oggi volevo fare le ripetute e i miei compagni di allenamento Fabiana e Ugo non sono riusciti a prendere la mia libertà di voler correre forte e convogliarla in un allenamento progressivo. Il mio io voleva farmi sentire libero facendomi fare ripetute veloci, voleva farmi girare le gambe in un modo diverso e così è stato. 7 km di lenta a 5' e poi 15x200 mt in 40"/42" con 1' di recupero a passo. Springsteen nelle orecchie e zuccotto da marinaio in capo e via incontro alle mie catene, incontro a quella libertà condizionata che solo le mie gambe piene di sangue possono capire e ricercare.

L'espressione "libertà chiama prigionia" è nata mentre correvo e la sottolineatura di Fabiana ne ha fatto subito un modo di dire che ci è piaciuto, non ne abbiamo più parlato ma so che la pensiamo allo stesso modo e lo useremo spesso.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non c'è nulla da fare i cavalli di razza non gradiscono i finimenti.
Ieri Giampy viaggiava per la tangente con la testa e dopo tanto tempo insieme lo anche osservandolo meglio ho anche capito perchè.
La sua struttura è da velocista,ha gambe potenti che spingono forte in estenzione,sembrano il doppio delle mie,non le alza molto in fase di slancio e la sua andatura sembra un pò legata ma quando spinge allunga molto il passo e la sua fase di spinta è veramente poderosa,usa bene le caviglie e questo lo fa andare molto forte. si capisce che fa solo quello che ha deciso,come ieri, per questo e non per altro non gli si può suggerire nulla.
Lui ha parlato di libertà e di prigionia, la verità è che si corre per impedire che la mente rimanga prigioniera di un corpo o forse anche solo per scoprire se i nostri limiti siano fisici o mentali.
Nel corso degli anni ho sempre chiesto a me stesso di non smettere di sognare ed ho sempre tollerato quelle volte in cui il mio percorso si è concluso con orizzonte non raggiunto per colpa dei miei limiti fisici.Non è andata così quando quel traguardo non c'è stato per pigrizia ,apatia e voglia di non rimettersi in discussione.Giampy ha saputo farlo e come lui Ezio e tanti altri,per loro come ,per noi il conto, delle distanze che avremo percorso si farà,ma solo l'ultimo giorno!