sabato 26 maggio 2018

Runeconomy, il primo workshop del running.




                Era l'ottobre del 1983 e partecipavo alla finale nazionale dei Giochi della Gioventù allo Stadio dei Marmi di Roma,città dove, dopo qualche anno ci sarei ritornato per lavorare e viverci. Furono giorni molto belli, il sogno per un piccolo atleta quello di fare una gara coi più forti atleti d'Italia. 
Non feci una gran figura perchè in quell'estate mi allenai poco ma quell'esperienza rimane tra le più belle nella mia vita d'atleta.

Molte volte sono ritornato su questa pista ma non pensavo che un giorno mi sarei affacciato dal Palazzo del Coni per ammirare lo spettacolo della pista dei Marmi.
Mercoledì mi sono ritrovato nel Salone d'Onore del Coni per presenziare ad un workshop organizzato dalla Runcard, un settore della Fidal che gestisce tutti gli atleti non iscritti alle società dedicato al mondo del runner visto dalla parte economica. 

Col mio amico Oscar della Running Evolution abbiamo ascoltato tantissimi operatori  legati allo sport che, divisi in tre panel, ci hanno fornito indicazioni su cosa bolle in pentola, o meglio, su cosa si muove nel portafogli del runner.

Un dato sicuramente interessante, ma per certi aspetti ovvio, è che il runner ha una predisposizione superiore al non runner per quanto riguarda l'alimentazione, la salute, il turismo e la tecnologia.

Ci sono aspetti di questa ricerca dell'Istituto Piepoli che non mi hanno convinto molto ma il dato più importante che mi è rimasto impresso è che in Italia ci sono mediamente ogni anno circa 60 mila arrivati complessivi alle oltre 40 maratone che si organizzano.
 Tralasciando la mitica NYCM, singole maratone di prestigio come  Parigi o Londra hanno quasi gli stessi arrivati in una singola gara.

Ci si interroga quindi sul perchè in Italia si fanno questi numeri molto piccoli. 





                               Nelle maratone italiane il grosso dei partecipanti è locale, cioè della città in cui si svolge la gara, questo dato, unito al fatto che ogni città fa la sua maratona, comporta una dispersione nel numero di partecipanti.
Sempre parlando delle nostre maratone, a dire il vero il mondo del runner è completato dalle gare più corte su strada, dai trail e dalle ultratrail, non vi è un grande coinvolgimento delle città ospitanti e non vi è un connubio tra sport e turismo.

Se le nostre maratone vogliono crescere devono fare più sistema con la propria città, unire le forze con altre maratone magari cancellando dal calendario qualche gara di troppo e devono creare un virtuosismo che unisca la trasferta sportiva con la gita turistica.
Occore trovare il modo per coinvolgere anche le famiglie creando eventi collaterali che permettano agli accompagnatori di vivere giornate interessanti.
Insomma, il runner è ben disposto a spendere soldi ma pretende anche una qualità di servizi collaterali che in Italia ancora non trova ed ecco perché preferisce correre le maratone all'estero.

E con questa argomentazione abbiamo ascoltato l'organizzatore della Maratona di Siviglia e quello di Praga. Ci hanno spiegato come hanno ragionato in termini di business coinvolgendo praticamente tutto l'anno le loro città nel fornire volontariato e risorse per le loro manifestazioni.

Sinceramente non ho capito perché non sono stati invitati a raccontare le loro esperienze gli organizzatori delle maratone di Roma e Milano e della Roma Ostia, le tre gare più importanti d'Italia.
Avremmo potuto capire da loro quali sono le problematiche organizzative che devono affrontare soprattutto nel coinvolgimento delle istituzioni e della cittadinanza.

L'ultimo panel ha argomentato sulla corsa e la felicità, su quanto un sano stile di vita, che si può raggiungere anche con l'attività fisica, porti benessere alla società in termini anche psichici ma pure in termini di minori costi sociali per le spese sanitarie.

In conclusione, è stato creato un'osservatorio su questi argomenti per trovare idee e soluzioni per migliorare questi aspetti che fanno risaltare come nel mondo dello sport, come peraltro in tanti altri ambienti, occorra investire di più sia in termini economici che di risorse umane. Abbiamo in gestione un paese stupendo ma non sappiamo ancora da dove cominciare.

Buone corse a tutti.

martedì 22 maggio 2018

Corso per Dirigenti sportivi dell'Osservatorio Sport Castelli Romani


Lo sport accompagna le nostre giornate sia da appassionati che da praticanti oltre che genitori di sportivi. Eppure in Italia dal punto di vista dirigenziale c'è ancora tanto da lavorare, sia in termini di managerialità che d'impiantistica e marketing.

 Nel nostro paese soltanto l'1,7% del PIL è occupato dallo sport contro il 3% della media europea. Troppo poco per una nazione come la nostra che vanta campioni in ogni disciplina ed ha milioni di praticanti. Lo sport in Italia non ha un ministero vero e proprio e si fonda per la sua totalità sul volontariato. Dal Coni alle singole Federazioni tutto si regge su appassionati che dedicano tempo e risorse proprie per portare avanti le attività agonistiche.

Con questa premessa l'Osservatorio Sport dei Castelli Romani coordinato da Gennaro Cirillo,membro della Federazione di Canoa, ha organizzato sabato scorso un corso per professionisti dello sport a cui ho partecipato insieme al mio amico Oscar.
Ci siamo ritrovati nella foresteria del centro federale di canoa del Coni al lago di Castelgandolfo ed abbiamo trattato più tematiche relative al mondo dello sport.

Il Dr Monti ci ha parlato di managerialità e programmazione delle attività sportive e di come dovrebbe essere pianificata la mission sportiva di una società ma anche di una federazione.

I problemi più grandi che si incontra in Italia nel gestire un team sportivo riguardano la mancanza di una visione vera e propria, la mancanza di decentramento delle responsabilità oltre che la definizione di diverse attività dirigenziali. In pratica poche persone si occupano di tutto, dagli allenamenti, al vestiario ed a tutto quello che riguarda la vita della società. Ci vorrebbe una migliore divisione dei ruoli senza improvvisazione dando responsabilità specifiche.

Dovremmo copiare il modello americano che mette in risalto tutte queste attitudini dando risultati più efficienti ed efficaci cioè riescono a dare il massimo risultato con i mezzi a disposizione.
Una grande attenzione dovrebbe essere rivolta alla comunicazione a tutti i livelli, sia esterna che interna, essere chiari nel fornire i propri intendimenti comporta un miglioramento sia nei rapporti tra dirigenti e allenatori che tra allenatori ed atleti oltre che tra squadra e pubblico.




Il Prof Fontana ci ha invece illustrato le problematiche dal punto di vista del diritto, spiegando le distinzioni tra Asd e Ssd, a quali differenti responsabilità si va incontro ed a come la legge sportiva differisca da quella civile e penale.Le problematiche più importanti sono senz'altro relative alla tutela della salute del tesserato e quindi ci ha spiegato i vari accorgimenti per tutelarsi soprattutto con la stipula di valide assicurazioni che coprono dal rischio per infortuni o altri eventi.

Anche questo argomento ha evidenziato sia le carenze del legislatore che la parziale conoscenza da parte dei dirigenti.

Su un tema strettamente collegato, quello fiscale, abbiamo avuto una bella lezione da parte del Dott Bottoni che ci ha ragguagliato sulle nuove disposizioni in termini fiscali della finanziaria del 2018.
Sinceramente l'argomento era un po' ostico ma ha reso ben chiara l'idea che non si può fare tutto da soli rischiando multe salate ma ci si deve sicuramente affidare ad un amico commercialista che ci può dare una mano.

L'architetto Buccione ci ha fatto un excursus sull'impiantistica italiana, mostrandoci esempi su campi polivalenti di buon esempio ed altri, come la vela di tor vergata, di pessimo esempio e scelleratezza nel gestire i soldi pubblici.










Infine il Prof De Lucia, Presidente dei Psicologi dello sport, ci ha tenuto una lezione su come vanno trattati gli atleti ma non solo loro durante la vita sportiva. E' stato molto interessante ed ha spiegato come l'approccio dello psicologo è diverso a seconda degli ambienti e dell'età dei ragazzi oltre che delle discipline praticate ed al livello di bravura.

Non poteva mancare un accenno ai genitori degli atleti, che forse sono quelli che hanno più bisogno di essere indirizzati ad una più sana coscienza sportiva.

In conclusione, posso dire di aver partecipato ad un ottimo corso che mi ha arricchito in termini di conoscenza e consapevolezza. Spero che l'Osservatorio organizzi altri incontri e vorrei indicare a Gennaro Cirillo di dedicare un focus alle società dei castelli soprattutto in termini di collaborazione sotto forma di polisportive ed altro ed in termini di miglior utilizzo e distribuzione delle risorse degli impianti sportivi dei castelli.

Ed ora tutti a fare sport! Dajeee!!




venerdì 18 maggio 2018

Quel dolore alle gambe che non passa.






Siete stati veramente in tanti a leggere il mio post sugli allenamenti da ragazzo in passeggiata a Cogoleto. Il post è stato letto da tanti amici del paese dove sono cresciuto e questo mi ha fatto molto piacere. Penso di raccontare altre cose tra qualche tempo perché fa sempre bene ricordare le avventure di quando si era ragazzi spensierati.
Ora di pensieri ce ne sono molti, ognuno ha i suoi e per quanto mi riguarda nella mia corsa, in questo momento il mio pensiero è per questo mal di gambe che non mi passa.
Mi fanno sempre male la parte bassa delle cosce, i muscoli vicino al ginocchio per intendersi,ogni volta che corro si indolenziscono subito e la seduta d'allenamento risulta faticosa soprattutto se la corsa è lenta.
Non so darmi spiegazione perché dal punto di vista fisiologico sto abbastanza bene, la glicemia è controllata e altri dolori non ho.
Le scarpe sono nuove e quindi da questo punto di vista non è un problema. Da quello che posso immaginare, mi viene da pensare al fatto che due mesi fa ho fatto qualche partita a calcio senza allenamento. Può darsi che il carico a cui ho sottoposto quei muscoli è stato importante e non riescano ancora a recuperare, però è passato ormai tanto tempo.
Un'altra spiegazione che mi do riguarda il fatto che sono dimagrito molto e forse ho cambiato leggermente postura facendo lavorare le gambe con angoli diversi e questo ha creato degli scompensi a discapito di quei distretti muscolari.
Mi affido a voi ed alla vostra esperienza, fatemi sapere, non abbiate remore nel commentarmi.
Buon fine settimana di gare ed allenamenti!

sabato 12 maggio 2018

Pionieri del 1980



Passeggiata di levante 1980



                          Ieri stavo guardando delle foto di Cogoleto, il paese in provincia di Genova dove sono cresciuto, e la mia attenzione si è fermata su questa foto che ritrae un tratto della vecchia ferrovia che passava tra il mare e l'Aurelia. Una volta dismessa nei primi anni '70 diventò una sorta di passeggiata per chi abitava nel levante della cittadina e fu asfaltata al centro per permettere un più agevole passaggio. Sul lato destro potete vedere come corre parallelo una sorta di muro ma era in realtà una specie di bunker di contenimento utilizzato durante la seconda guerra mondiale. Nei primi anni '80 fu fatta la passeggiata ed ora di quel periodo resta questa foto ed i ricordi.

I ricordi sono dei tanti allenamenti fatti su quella lingua d'asfalto, di tante sere buie dove ci illuminavano quattro lampioni sparsi sull'Aurelia oppure nelle sere di luna piena quella luce argentata che rifletteva sul mare.

Eravamo ragazzi in cerca di adolescenza, di miti e avevamo sete di imparare, di crescere. I nostri allenatori non ci insegnavano soltanto a correre, ci portavano musicassette da ascoltare, ci facevano guidare i loro motorini, ci portavano a cena a casa loro.

Eravamo un bel gruppo che faceva atletica in un paesino dove lo sport era una grande palestra per crescere, per scappare dalla noia. C'erano già a fine anni '70 parecchie sezioni sportive, raccolte in un centro di formazione fisico e sportivo di emanazione comunale, centro che ancora esiste da ben 45 anni. Ogni sport era pioniere nel suo arrangiarsi nell'attività quotidiana. Il calcio, l'unico a non far parte della polisportiva, aveva il suo centro lontano dal paese e ogni giorno vedevi ragazzi che andavano a piedi lungo la sterrata polverosa per raggiungere il campo. Lo stesso era per il rugby, il campo lo tenevano in ordine loro stessi facendo volontariato.

E poi il basket col grande professor Ermanno che girava il paese con una rete coi palloni dentro, il basket si faceva in palestra e al campo all'aperto di villa nasturzio.
C'erano altri sport e poi c'eravamo noi dell'atletica, noi che non avevamo una pista ed il nostro campo d'allenamento era la passeggiata, due chilometri di asfalto, piastrelle e mattoni di pietra che solcavamo con una continua altalena da levante a ponente.

Noi che lasciavamo i nostri motorini incustoditi sulla passeggiata con appoggiate sopra le nostre tute, i nostri documenti e qualche centinaio di lire avanzate dalla sala giochi.
Avevamo tute comprate al mercato che non lavavamo mai perché ci allenavamo tutti i giorni e la tuta sociale la usavamo soltanto per le gare. Ci scaldavamo tutti insieme e poi noi fondisti prendevamo la strada per la passeggiata mentre i velocisti restavano nel vecchio passaggio della ferrovia sotto le scuole.

Ognuno di noi doveva correre al proprio ritmo e così ci si divideva in altri piccoli gruppetti praticamente da singoli e si partiva per fare i nostri medi, corto veloci e ripetute. Non avevamo cronometri, forse solo uno che gestiva  l'allenatore e noi avevamo i primi orologi a cristalli liquidi trovati nei fustini dei detersivi.

Eravamo pionieri pure noi e sperimentavamo il fartlek, il circuit training, la corsa in spiaggia e gareggiavamo in salita con le 500 e le 127. Conoscevamo ogni metro della passeggiata che dal lerone andava all'arestra, passavamo da uno scalino all'altro tra le uscite dei parcheggi controllando con la coda dell'occhio di non farsi schiacciare da qualche macchina.

Solitamente si partiva dal ponente, dalla sbarra della rotonda dell'arestra, i primi cinquecento metri erano tra il ristorante Gustin e l'alimentari e poi il mille era allo scalino del parcheggio davanti alla casa del popolo. Il 1500 era davanti all'agenzia Dini vicino alla chiesa e poi il duemila era al lampione della villa dei Bianchi, quella della foto.
 Lì si tornava indietro e si continuava, avevamo in testa tutti i passaggi e ci si incrociava ognuno al suo ritmo. A volte dall'Aurelia arrivava lo strillo dell'allenatore che ci seguiva col motorino, chiedeva come andava, ma non era un grido consolatorio, era il richiamo a non sgarrare sul ritmo imposto. Era fatica, ma era tanto divertimento.

La stessa passeggiata oggi


In quei due chilometri, verso il buio delle sette di sera d'inverno, vedevamo la gente che rientrava a casa, zona per zona, caruggio per caruggio. Era bello perché in pochissimi minuti passavamo da un quartiere all'altro, eravamo pionieri pure in questo, nell'esplorare il nostro paese. Il vento era sempre e solo quello: tramontana; soffiava sempre di lato, dalla montagna al mare e noi in mezzo a piegarci a destra o a sinistra a seconda se andavamo o tornavamo da levante.

Il tratto più brutto era quello verso l'arestra perché lì il vento soffiava più forte mentre il più fastidioso era quello tra il bar Checco e Rumaro perché la passeggiata era di piastrelle rosse e si scivolava sempre anche perché erano  umide di mare.

Il tratto più duro era quello della spiaggia delle barche perché era al centro del paese e dovevi aumentare per far vedere agli amici dei bar Angela e Maxian che andavi veramente forte.

Avevamo gambe bianche e gelide, coperte solo da pantaloncini di raso, chi aveva i Lac, chi gli Adidas, mentre le femmine erano sempre in tuta, sempre col dolcevita al collo e sempre malate.

Ci teneva compagnia il rumore del vento dalle montagne e la forte risacca del mare sempre mosso, ci faceva trasalire il boato delle marmitte dei motorini truccati e poi ci si riimmergeva nel nostro mondo di metri su metri da divorare.

A volte passava l'allenatore dei velocisti con la sua vespetta, aveva a tracolla degli ostacolini e impugnava un giavellotto, roba da matti, da pionieri degli stunt man.

La domenica andavamo in giro per la liguria, si vinceva, si perdeva ed il lunedì eravamo sempre lì, su quella lingua d'asfalto a ricominciare a sognare, a scoprire, ad imparare a vivere.

Avevamo anche dei nomi, nomi veri e non di battaglia: Tonino, Giampiero, Mario, Luca, Alessandro, Fabio, Diego, Alfredo,Fabrizio, Marcella, Laura, Claudia,Emanuela e Simona. Noi eravamo i fondisti e poi c'erano tutti gli altri da Giorgio a Carlo, da Marco all'Andreina ad Umberto e Fabrizio e tanti e tanti altri. Eravamo nel 1980 e poi arriveranno tanti altri compagni di allenamento.

Incredibile come una semplice foto possa far riaffiorare così tanti pensieri, è incredibile come in così poche righe non si riesca a raccontare tutto quello che si vorrebbe.
Buona strada amici, custodite gelosamente i vostri ricordi.

mercoledì 9 maggio 2018

E voi come organizzate le vostre gare?

Se vuoi fare il dirigente di una squadra seria come la Running Evolution devi dare l'esempio, quindi devi arrivare all'appuntamento delle 6.30 al casello prima dell'arrivo del ducato orange.

Devi assecondare la route map dell'autiere Giuseppe e devi farti carico del montaggio del gazebo alle 7 del mattina in una piazza ancora piena di macchine nonostante il divieto di sosta.
Devi avere una buona parola per tutti gli orange che arrivano alla spicciolata, devi farti un giro di promozione col Presidente Fausto presso tutti gli altri gazebo per la nostra Corricolonna del 30 settembre.

Devi avere l'occhio critico nel valutare l'organizzazione della gara in cui ti trovi e trovare spunti per la gara che organizzi tu. Infine devi correre testando i percorsi e valutando se le aspettative si avvicinino alla realtà, cioè se il "pianeggiante" del volantino non sia in realtà una "forte salita" e se il "ricco pacco gara" non si riduca alla "solita maglietta lavavetri".



E così ho fatto domenica scorsa alla Corri Bravetta, la mia prima volta ad una gara molto partecipata ma che soffre un po' della logistica della zona partenza. Il percorso è bello soprattutto nella parte all'interno di Villa Pamphili mentre perde nel finale quando ci si imbottiglia in una piccola striscia d'asfalto tra marciapiede e transenne. Ricchissimo il buffet di fine gara ma io non ne approfitto mai, non so spiegarmi come ci si possa abbuffare appena finita una gara con i battiti ancora sopra i 120.

Ho vissuto a Boccea per qualche anno e la zona mi è rimasta nel cuore, sono tornato indietro di 25 anni e alle mie corse dentro Villa DORIA Pamphili, un bellissimo polmone verde che permette agli amici ramarri della squadra che prende il nome della villa a fare tesserati su tesserati. Complimenti a loro per la passione e la location naturale.

A fine gara col Pres Fausto commentavano con dirigenti di un grande team romano del fatto che alle otto del mattino tutta la zona partenza era da preparare e della parte finale del percorso. Ragionavamo sugli elementi che fanno la differenza qualitativa tra le varie gare e come, a volte, il dare un'elevata qualità non corrisponda a numeri maggiori di partecipazione. 

Da qui la domanda che ci si pone se ne vale la pena di fare grandi sforzi organizzativi per poi avere dei riscontri nei numeri di pari livello.
La risposta è che comunque ne vale sempre la pena sia per avere maggiore sicurezza per i partecipanti e sia per soddisfazione personale.






Per quanto riguarda la mia prestazione sono contento, ho fatto i primi 7 km sotto ai 5 al km e poi le salite finali mi hanno colto impreparato.
Conto di scendere presto sotto i 50' nei 10 km ma ora sono imbottito di antibiotici per l'estrazione di un dente e devo riposare un po'.
Buona strada a tutti e mi raccomando, occhio ad attraversare!

giovedì 3 maggio 2018

Le Ville di Frascati sono tutte in salita.





Ciao a tutti, non scrivo da qualche giorno perché non voglio cadere nel banale raccontando i singoli allenamenti, i singoli passi di corsa che non hanno niente di straordinario per essere trascritti.
In questi giorni ho fatto pochi allenamenti perché ho preferito recuperare le quattro gare di seguito e poi la gara del 25 aprile a Frascati era veramente dura per la mia preparazione del momento. E' praticamente quasi tutta in salita e attraversa le splendide ville di Frascati, uno spettacolo di fontane, di sculture e ville oltre che giardini e siepi che ti fa tornare indietro nel tempo.
Nei salitoni ripidi ho camminato volontariamente, anche perché non potevo fare diversamente, ed ho sempre cercato di riprendere il passo dopo la salita. In definitiva la gara è stato un bell'allenamento per rinforzare le gambe e per stare insieme a tanti amici orange.
A proposito di amici orange, sabato abbiamo fatto una riunione operativa in sede della Running Evolution per iniziare a parlare della nostra gara di settembre, la Corricolonna che si correrà l'ultima domenica di settembre.
L'anno scorso furono quasi 1500 arrivati e quest'anno abbiamo buone intenzioni di superare questo magnifico traguardo.
Abbiamo , quindi, tirato giù un bel po' di idee per migliorare ulteriormente la parte logistica della gara ed introdurre delle novità che speriamo vengano apprezzate. 
Domenica ho provato a cimentarmi nel giro di Marino, percorso abbastanza impegnativo per noi di Frascati di circa 14 km ma l'ho dovuto accorciare per le troppe salite con cui ancora non ho molta confidenza. Ma ormai parto dall'idea che ogni volta che esco di casa per correre ho già vinto e quindi ho portato a casa la mia oretta molto produttiva.
Oggi invece mi sono cimentato su 3 volte gli 800 fatti con la mia metodica a cui devo ancora dare un nome. Ho fatto praticamente due 300 con 200 metri di recupero, un totale quindi di 800 metri e poi il recupero. Correvo bene a parte la gola un poco infiammata ed alla fine mi sono concesso un 500 in 2'. Insomma, si corre e ci si diverte. Ci vediamo domenica su strada, questa volta si corre nella zona di Bravetta a Roma, si attraversa villa DORIA pamphili e si respira aria di quando vivevo a Boccea nei primi anni '90.
Buona strada a tutti.