sabato 12 maggio 2018

Pionieri del 1980



Passeggiata di levante 1980



                          Ieri stavo guardando delle foto di Cogoleto, il paese in provincia di Genova dove sono cresciuto, e la mia attenzione si è fermata su questa foto che ritrae un tratto della vecchia ferrovia che passava tra il mare e l'Aurelia. Una volta dismessa nei primi anni '70 diventò una sorta di passeggiata per chi abitava nel levante della cittadina e fu asfaltata al centro per permettere un più agevole passaggio. Sul lato destro potete vedere come corre parallelo una sorta di muro ma era in realtà una specie di bunker di contenimento utilizzato durante la seconda guerra mondiale. Nei primi anni '80 fu fatta la passeggiata ed ora di quel periodo resta questa foto ed i ricordi.

I ricordi sono dei tanti allenamenti fatti su quella lingua d'asfalto, di tante sere buie dove ci illuminavano quattro lampioni sparsi sull'Aurelia oppure nelle sere di luna piena quella luce argentata che rifletteva sul mare.

Eravamo ragazzi in cerca di adolescenza, di miti e avevamo sete di imparare, di crescere. I nostri allenatori non ci insegnavano soltanto a correre, ci portavano musicassette da ascoltare, ci facevano guidare i loro motorini, ci portavano a cena a casa loro.

Eravamo un bel gruppo che faceva atletica in un paesino dove lo sport era una grande palestra per crescere, per scappare dalla noia. C'erano già a fine anni '70 parecchie sezioni sportive, raccolte in un centro di formazione fisico e sportivo di emanazione comunale, centro che ancora esiste da ben 45 anni. Ogni sport era pioniere nel suo arrangiarsi nell'attività quotidiana. Il calcio, l'unico a non far parte della polisportiva, aveva il suo centro lontano dal paese e ogni giorno vedevi ragazzi che andavano a piedi lungo la sterrata polverosa per raggiungere il campo. Lo stesso era per il rugby, il campo lo tenevano in ordine loro stessi facendo volontariato.

E poi il basket col grande professor Ermanno che girava il paese con una rete coi palloni dentro, il basket si faceva in palestra e al campo all'aperto di villa nasturzio.
C'erano altri sport e poi c'eravamo noi dell'atletica, noi che non avevamo una pista ed il nostro campo d'allenamento era la passeggiata, due chilometri di asfalto, piastrelle e mattoni di pietra che solcavamo con una continua altalena da levante a ponente.

Noi che lasciavamo i nostri motorini incustoditi sulla passeggiata con appoggiate sopra le nostre tute, i nostri documenti e qualche centinaio di lire avanzate dalla sala giochi.
Avevamo tute comprate al mercato che non lavavamo mai perché ci allenavamo tutti i giorni e la tuta sociale la usavamo soltanto per le gare. Ci scaldavamo tutti insieme e poi noi fondisti prendevamo la strada per la passeggiata mentre i velocisti restavano nel vecchio passaggio della ferrovia sotto le scuole.

Ognuno di noi doveva correre al proprio ritmo e così ci si divideva in altri piccoli gruppetti praticamente da singoli e si partiva per fare i nostri medi, corto veloci e ripetute. Non avevamo cronometri, forse solo uno che gestiva  l'allenatore e noi avevamo i primi orologi a cristalli liquidi trovati nei fustini dei detersivi.

Eravamo pionieri pure noi e sperimentavamo il fartlek, il circuit training, la corsa in spiaggia e gareggiavamo in salita con le 500 e le 127. Conoscevamo ogni metro della passeggiata che dal lerone andava all'arestra, passavamo da uno scalino all'altro tra le uscite dei parcheggi controllando con la coda dell'occhio di non farsi schiacciare da qualche macchina.

Solitamente si partiva dal ponente, dalla sbarra della rotonda dell'arestra, i primi cinquecento metri erano tra il ristorante Gustin e l'alimentari e poi il mille era allo scalino del parcheggio davanti alla casa del popolo. Il 1500 era davanti all'agenzia Dini vicino alla chiesa e poi il duemila era al lampione della villa dei Bianchi, quella della foto.
 Lì si tornava indietro e si continuava, avevamo in testa tutti i passaggi e ci si incrociava ognuno al suo ritmo. A volte dall'Aurelia arrivava lo strillo dell'allenatore che ci seguiva col motorino, chiedeva come andava, ma non era un grido consolatorio, era il richiamo a non sgarrare sul ritmo imposto. Era fatica, ma era tanto divertimento.

La stessa passeggiata oggi


In quei due chilometri, verso il buio delle sette di sera d'inverno, vedevamo la gente che rientrava a casa, zona per zona, caruggio per caruggio. Era bello perché in pochissimi minuti passavamo da un quartiere all'altro, eravamo pionieri pure in questo, nell'esplorare il nostro paese. Il vento era sempre e solo quello: tramontana; soffiava sempre di lato, dalla montagna al mare e noi in mezzo a piegarci a destra o a sinistra a seconda se andavamo o tornavamo da levante.

Il tratto più brutto era quello verso l'arestra perché lì il vento soffiava più forte mentre il più fastidioso era quello tra il bar Checco e Rumaro perché la passeggiata era di piastrelle rosse e si scivolava sempre anche perché erano  umide di mare.

Il tratto più duro era quello della spiaggia delle barche perché era al centro del paese e dovevi aumentare per far vedere agli amici dei bar Angela e Maxian che andavi veramente forte.

Avevamo gambe bianche e gelide, coperte solo da pantaloncini di raso, chi aveva i Lac, chi gli Adidas, mentre le femmine erano sempre in tuta, sempre col dolcevita al collo e sempre malate.

Ci teneva compagnia il rumore del vento dalle montagne e la forte risacca del mare sempre mosso, ci faceva trasalire il boato delle marmitte dei motorini truccati e poi ci si riimmergeva nel nostro mondo di metri su metri da divorare.

A volte passava l'allenatore dei velocisti con la sua vespetta, aveva a tracolla degli ostacolini e impugnava un giavellotto, roba da matti, da pionieri degli stunt man.

La domenica andavamo in giro per la liguria, si vinceva, si perdeva ed il lunedì eravamo sempre lì, su quella lingua d'asfalto a ricominciare a sognare, a scoprire, ad imparare a vivere.

Avevamo anche dei nomi, nomi veri e non di battaglia: Tonino, Giampiero, Mario, Luca, Alessandro, Fabio, Diego, Alfredo,Fabrizio, Marcella, Laura, Claudia,Emanuela e Simona. Noi eravamo i fondisti e poi c'erano tutti gli altri da Giorgio a Carlo, da Marco all'Andreina ad Umberto e Fabrizio e tanti e tanti altri. Eravamo nel 1980 e poi arriveranno tanti altri compagni di allenamento.

Incredibile come una semplice foto possa far riaffiorare così tanti pensieri, è incredibile come in così poche righe non si riesca a raccontare tutto quello che si vorrebbe.
Buona strada amici, custodite gelosamente i vostri ricordi.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ermanno è ancora l'allenatore...

rm ha detto...

Ciao Giampiero, bellissimo racconto, grazie. Sono Massimo Loi facevo i duemila a Villa Gentile e le campestri a "Balledoro" e in giro per la Liguria, poi andai a praticare il calcio, mia grande passione a Varazze. In "vecchiaia" cioè da quattro anni a questa parte sono tornato alle origini. Ho fatto qualche maratona (anche li a Roma nel 2016) e mezza maratona. Bei tempi quelli con Vigliaturo, Bisio G. come allenatori e naturalmente con tutti/e i compagni di corse. Un abbraccio e buone corse. P.S.: mi ricordo anche di allenamenti fatti (anche da solo, proprio come dici tu "da pionieri "al campo vecchio" dove destino ha voluto facessero l'attuale campo di atletica. Proprio bei ricordi, ciao.

giampytec ha detto...

Ciao Massimo, è un piacere leggerti, tu sei stato pioniere ancor prima di noi,hai smesso quando io iniziavo, però abbiamo fatto mille partite assieme in spiaggia, alla tubi ghisa e al campo vecchio. Mi ricordo che correvi molto bene anche se saltellavi un po'. MI fa piacere che corri di nuovo e sappi che alla maratona di Roma nel 2016 c'ero anche io. Un abbraccio